Keys si è fermato a Pioppi

Ancel Keys con la moglie Margaret durante il loro soggiorno in Italia.

Se davvero Cristo si sia fermato a Eboli come suggerì Carlo Levi nel celebre romanzo non lo sappiamo, ma di certo si può dire che Ancel Keys, in compagnia della moglie Margaret, si fermò a Pioppi, Cilento – 66 chilometri a sud di Eboli. Primo indizio.

Se andiamo poi ad indagare meglio, scopriremo che sia il libro che il soggiorno sono quasi contemporanei, separati da una decina di anni appena. Secondo indizio. 

A questo punto apriamo il romanzo e, nella prefazione scritta dall’autore, leggiamo che «come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore», ossia le cose che, a grandi linee e molto probabilmente in inglese, deve aver pensato anche Keys. Terzo indizio. 

Mi arriva così in supporto Agatha Christie, la quale mi suggerirebbe che «un indizio è un indizio, due indizi sono una coincidenza, ma tre indizi fanno una prova». Non sono un investigatore, ma è chiaro come sia Levi sia Keys trovarono qualcosa di speciale in quei paesi del Meridione che, per ragioni diverse ma similari, li spinsero a fermarsi e a riflettere, indagare e appassionarsi. 

Dopo questa lunga ma doverosa (in realtà abbastanza inutile) introduzione, posso infine ammettere di non aver mai letto “Cristo si è fermato a Eboli”, ma al contrario conosco la storia del fisiologo statunitense che, tra le altre cose, è stato l’inventore della razione K (K come Keys, “elementare Watson!”). Se Ancel Keys decise di trasferirsi con la moglie a Pioppi, lasciando il suo Colorado, è perché a colpirlo fu la miracolosa alimentazione dei poveri abitanti di questi piccoli paesi del sud Italia, costituita in prevalenza dai prodotti “offerti” dalla terra coltivata e talvolta incolta. Cereali integrali e derivati (pasta e pane), verdure e frutta – ça va sans dire – di stagione, legumi, pesce azzurro pescato nel “loro” Mediterraneo (alici, aringhe, sardine, sgombro, spatola), considerato poco pregiato dalle famiglie benestanti e quindi scartato. C’erano poi le uova ma non le galline (se non quelle vecchie, nel brodo, usato per ammorbidire tutto), mentre rara era la carne bovina, in quanto le mucche servivano a produrre il latte (così come le galline producevano le uova) e i manzi per arare i campi; il maiale era invece macellato una volta all’anno – nei periodi di festa – e le sue parti utilizzate completamente: dai grassi come lardo e strutto fino alla carne, conservata spesso sotto sale (salumi e insaccati). In ogni caso, la fonte grassa per eccellenza che veniva utilizzata era ovviamente di origine vegetale: l’olio di oliva, l’oro verde. 

Sembra strano ma, a metà del 1900, nel primo periodo del dopoguerra, l’alimentazione delle popolazioni contadine era ancora molto simile a quella adottata dagli “antichi” Romani, i quali ritenevano sacra la triade “pane, olio e vino” tanto da trasformarla nei simboli del Cristianesimo; l’agricoltura significava infatti sedentarietà e dunque civiltà, mentre la caccia (e quindi il consumo di carne) era sinonimo di nomadismo e dunque di barbari e selvaggi: pensate che, nei periodi di guerra, i soldati romani a cui venivano offerti legumi o carne in sostituzione del pane, si ribellavano. 

Chiuderei però questo breve excursus per tornare alla storia di Ancel Keys: quello che notò di interessante era come la vita dei contadini – caratterizzata dal duro lavoro nei campi e da un’alimentazione povera – fosse più lunga (talvolta centenaria) e meno affetta da patologie cardiovascolari rispetto a quella dei ricchi o degli abitanti di Paesi completamente differenti come la Finlandia, dove il regime alimentare quotidiano includeva molti grassi saturi (tra cui burro, strutto, latte, carne rossa). 

I risultati osservati nel suo studio, denominato “Seven Countries Study”, vennero poi pubblicati nel 1959 nel libro “Eat Well and Stay Well” (Mangiar bene e stare bene), a cui fece seguito nel 1975 il più importante “How to Eat Well and Stay Well. The Meditarranean Way” (La dieta mediterranea. Mangiar bene e stare bene). 

Ancel e Margaret Keys, da Colorado Spring a Pioppi, avevano appena dettato le linee guida dello stile di vita1 più famoso e forse apprezzato al mondo, fatto di duro lavoro e di un’alimentazione parca e frugale, simbolo di vita semplice e di un’ingenua soddisfazione, in sintonia con i cicli naturali: la dieta mediterranea


Di che cosa si tratta più nel dettaglio lo scopriremo insieme la prossima volta! 


1 La parola dieta deriva dal greco δίαιτα, che può essere tradotto come “stile di vita”. Una sana alimentazione deve infatti essere sempre accompagnata da buone abitudini, prima fra tutte l’attività fisica.


Fonti 
  • https://www.ecomuseodietamediterranea.it/ancel-keys
  • https://www.fondazioneveronesi.it/magazine/articoli/alimentazione/ancel-keys-linventore-della-dieta-mediterranea
  • Jean-Louis Flandrin e Massimo Montanari, Storia dell’alimentazione, Editori Laterza

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